Nebbie in prima linea

14.12.2014

Qua caro amico non è posto per parlare di cose stupide. Non è posto per sparlare.

Qua amico mio si può solo star zitti e ansimare piano, anzi, rallentare il passo perchè il respiro diventi solo un cadenzato atto necessario alla vita.

Troppe sono state troncate quassù.

Queste rocce, queste cime, hanno visto tanti respirare affannosamente. Troppi corpi buttati inutilmente davanti ai loro ultimi respiri.

Di fatiche e paure, in urli congelati dal freddo dell’inverno per difendere quelle che oggi, per tanti, altro non sono che pietre, alberi e postacci inutili.

In punta di piedi dobbiamo andare, senza toccare nemmeno il suolo ma lasciando lievi i segni del nostro passaggio sulla neve bianca.

In silenzio. Procedi in silenzio.

La nebbia c’accompagna e ci svela solo poco di quanto è nostro, per apprezzarlo ancora di più.

Ci stanno guardando, oltre il muro delle nebbie, dietro quell’antro dalle stalattiti di ghiaccio.

Rispettali.

Dì una preghiera e gioisci per il sole che sovrasta le nuvole. Le nebbie della prima linea serbano ricordi di vicende andate, qua tutto è un cimitero. Su ogni roccia una croce.

Rispettali.

Riempiti il cuore della pace che regna quassù, oggi perfino l’aria è cristallizzata in un silenzio che cent’anni fa fu sconosciuto a quelli che lo fecero per tutti noi.

Amen

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Dal diario di un medico in trincea.

“Lo scoppio era lacerante come un grido di ferocia sovrumana e dava una certa emozione a carattere viscerale. La ventata di uno di questi scoppi fu sufficiente a gettare a terra Frattari, il mio caporale di sanità mentre discorreva in piedi con me seduto.
Le prime vittime furono due portatori di filo spinato, che trasportavano a spalla il rotolo infilato sopra un paletto. Il proiettile doveva essere scoppiato fra l’uno e l’altro perché aveva asportato la parte posteriore del cranio scucchiaiandone buona parte del cervello a quello che stava davanti e la faccia, un braccio e una gamba a quello che stava  di dietro. Ambidue erano anneriti come da fuligine e agitavano i loro corpi moribondi in un viscidume vermiglio. D’allora in poi il mio lavoro subì delle recrudescenze ad ogni colpo che cadeva in pieno sulla nostra truppa naturalmente priva di ricoveri blindati. Consumavo in poche ore le mie riserve di medicatura e rimanevo un po’ stordito dalle grida dei feriti che s’affollavano impazienti davanti al posto di medicazione.”

Omarut, Luca e Daniele  – Pal Grande

2 risposte a "Nebbie in prima linea"

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